Terra di Lavoro: tra storia ed enologia

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Se ad un appassionato di storia si chiedesse di parlare di “Terra di Lavoro” si aprirebbe una disquisizione su una regione storico-geografica dell’Italia meridionale, identificata anche come Campania Felix, un areale fertile e rigoglioso, grazie alla presenza del fiume Volturno, esteso dalla Campania, al Lazio al Molise, che ha visto numerosi cambiamenti nei suoi confini nel corso dei secoli. Fu provincia del Regno di Sicilia e del Regno di Napoli, quindi del Regno delle Due Sicilie e del Regno d’Italia, fino ad essere soppressa e definitivamente scorporata durante il regime fascista.

Se si ponesse la stessa domanda ad un esperto o appassionato del mondo enoico la prospettiva cambierebbe e la risposta pure, anche se il legame con la storia ed il territorio resterebbe invariato. Parlare di “Terra di Lavoro” qui significherebbe puntare i riflettori su un vino iconico, che ha fatto la storia moderna dell’enologia campana, un blend di aglianico e piedirosso con il quale l’azienda Galardi dal 1993 racconta la ricchezza e unicità del suo territorio.

Siamo nella zona del vulcano spento di Roccamonfina, tra Galluccio e Sessa Aurunca, nell’alto Casertano, a 500 mt s.l.m. in un’area costantemente accarezzata dalla brezza proveniente dal Golfo di Gaeta, tra uliveti e castagneti. Un terroir che regala un nettare deciso, speziato, minerale che da’ il meglio di sè nella longevità. Se ne rende conto Riccardo Cotarella che dal 1994 dà il suo imprinting alla produzione riscuotendo da subito i grandi successi della critica internazionale: da Robert Parker, che lo paragona ai grandi chateau bordolesi, a James Suckling e molti altri.

Dal colore intenso e impenetrabile, nell’annata 2016 si esprime con freschezza ed eleganza, ammalia con sentori di grafite e carbone, solletica con una speziatura pepata e avvolge con sentori di sottobosco. Grande persistenza.

Partita con solo mezzo ettaro oggi l’azienda ha un vigneto di 10 e produce 33 mila bottiglie l’anno.

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