Biologico, biodinamico e vegan: la filosofia di Querciabella

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Quando nel 1972 Giuseppe Castiglioni, imprenditore dell’industria dell’acciaio in Messico, appassionato di enologia e viticoltura francese, acquistò a Greve in Chianti quella che gli abitanti del luogo chiamavano la “Vigna della Querciabella”, la sua idea era quella di trasformare quel luogo magico e suggestivo in un ritiro dove produrre un po’ di vino per sé e per i suoi amici.

Non poteva immaginare che quell’ettaro di vigneto tra le colline toscane, gli annessi vecchi edifici agricoli e la secolare e imponente quercia da cui prendeva nome la tenuta costituissero la testata d’angolo su cui sarebbe stata costruita una ben più grande e solida realtà imprenditoriale italiana e internazionale.

Il progetto iniziò a prendere corpo con l’attività di restauro delle strutture per riportarle al loro antico splendore e con la successiva acquisizione di altri terreni a Panzano, Radda e Gaiole, espansione che porterà agli attuali 74 ettari di vigneti. Crebbe negli anni attraverso la coltivazione non solo di Sangiovese ma anche delle uve internazionali, quelle dei vini Bordeaux e Borgogna, Cabernet Sauvignon, Merlot, Chardonnay e Pinot Bianco in testa.

Siamo nella Conca d’Oro, il terroir del galestro e dell’alberese, e i vigneti sono siti in diverse particelle dell’areale che compone il Chianti Classico, con una altitudine che varia da 350 sino a 550 metri sopra il livello del mare, da zone più secche e zone che mantengono climi più freschi. Il suolo galestroso favorisce il drenaggio e una profonda penetrazione delle radici mentre l’argilla fornisce componenti minerali necessari al suo metabolismo.

Nel 1988 Sebastiano Cossia Castiglioni, figlio di Giuseppe, ispirato e determinato, dà una svolta alla gestione dell’azienda. Il suo grande amore per la natura e per gli animali lo portano ad intraprendere un viaggio pioneristico articolato in tre fasi.

Prima tappa la conversione in biologico: in vigna viene bandito l’uso non solo dei prodotti chimici, dei fertilizzanti o pesticidi ma anche di rame e zolfo, pure consentiti dai protocolli.

Nel 2000 si arriva alla seconda fase, l’evoluzione in biodinamico biologico, un approccio mai integralista che rifiuta l’adesione dogmatica ai principi steineriani ma che ne esalta il valore lasciando prevalere sempre le esigenze del terroir.

Progressivamente si arriva a  eliminare anche l’uso di prodotti animali nei vigneti e nelle cantine (la concimazione avviene con tecniche come il ‘sovescio’ che prevede l’interramento di leguminose) per cui oggi l’azienda è la prima in Italia nella produzione di vini biologici, biodinamici e vegani.

La filosofia vitivinicola di Querciabella mette così al centro l’equilibrio, l’idea di  vigneto come ecosistema dipendente da una complessa rete di diversità biologica da salvaguardare perché un vino può esprimere appieno un terroir solo quando le radici della vite sono in grado di sostenere la loro interazione simbiotica con il loro ambiente naturale.

E se è vero, come dicono i più grandi esperti, che il futuro dell’enologia mondiale risiede nella sostenibilità, possiamo dire che il nostro paese conta realtà come Querciabella che fanno di questo principio il cardine del proprio DNA da decenni e che, con il loro esempio, potranno fare da traino per una inevitabile evoluzione del mondo vitivinicolo.

Nel calice in foto il Chianti Classico DOCG 2016, sangiovese in purezza, espressione delle uve dei diversi vigneti di Greve (40%)  Gaiole (40%) e Radda (20%) armonicamente combinati.  Rosso rubino intenso, avvolge con sentori di frutti rossi, spezie e sorprende con le sue note terrose e balsamiche. Morbido e dal tannino elegante. Matura per circa 14 mesi in barriques e tonneaux di rovere francese, per un 5% nuove e per il resto di secondo e terzo passaggio.

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