La notizia è di poche ore, Ischia avrà il suo primo Metodo Classico affinato in fondo al mare. A comunicarlo attraverso la pagina Instagram è la cantina Tommasone, storica realtà vitivinicola dell’isola nel cuore di Lacco Ameno fondata nel 1870.
Il progetto è ancora in itinere e richiede tempo per l’immissione del prodotto sul mercato, ma l’entusiasmo porta ovviamente a dare spazio a piccole anticipazioni, anche in vista di una stagione enoturistica pronta alla ripartenza rispetto alla quale i winelover sono alla ricerca di novità nel panorama enologico italiano e questa lo è assolutamente.
Lo spumante ottenuto con due uve tipiche dell’isola, biancolella e forastera, provenienti dal vigneto di Tenuta Chiena situato nel cuore di Forio, riposeranno sui fondali del mare di Aenaria, dove l’assenza di luce, che mette al riparo dalle fasi lunari, il microclima con una temperatura costante, il flusso delle correnti marine che cullano il vino e le sue molecole con un remuage costante e naturale daranno un contributo unico all’affinamento.
La realtà degli underwater wines che si è fatta strada negli ultimi 17 anni, nata in Spagna nel 2003 grazie all’intuizione di Raul Perez, enologo di fama internazionale che per primo ha sperimentato l’invecchiamento in mare di botti di Albarino, sta conquistando paesi come Francia, Italia, Croazia, Sudafrica, Cile e Australia.
Una nuova pratica enologica nata a seguito del ritrovamento nel luglio del 2010 al largo delle isole Aaland, fra Svezia e Finlandia, di un relitto affondato nel XIX secolo con 168 bottiglie di champagne di tre storiche case produttrici (Veuve Clicquot Ponsardin, Heidsieck e Juglar) risultate alla degustazione in perfetto stato di conservazione dopo oltre 150 anni.
Oggi sono trentuno le aziende nel mondo che producono underwater wines. Nelle acque marine lavorano le loro uve o conservano le loro preziose bottiglie, soprattutto spumanti, con risultati che destano stupore.
C’è chi sostiene che i primi 3 mesi sott’acqua sarebbero equivalenti a sei, sette anni di evoluzione in cantina. Ma per dare consistenza scientifica alle tecniche messe in campo i prodotti sono oggetto di ricerca da parte delle università che studiano gli effetti di queste innovative modalità di conservazione.
Ma qual è la particolarità di questo metodo? Nelle profondità marine, la pressione è di circa 7 bar, più o meno come quella all’interno della bottiglia, condizione che limita lo scambio gassoso tra interno ed esterno tipico della tradizionale conservazione in cantina. Questo approccio cambia la struttura del vino originario: l’isopressione permette al vino di esprimersi più intensamente sugli aromi terziari e il perlage raggiunge una finezza maggiore che con il metodo tradizionale.
A contribuire al risultato ci pensano dunque le coordinate degli abissi con le relative caratteristiche ambientali. Le bottiglie conservate in griglie che ne garantiscono il giusto posizionamento, una volta restituite alla terra hanno poi delle connotazioni estetiche uniche, opere d’arte esclusive disegnate dal mare e dalle sue profondità.
Non ci resta allora che aspettare altri dettagli di questo affascinante progetto che regala al panorama enologico campano il primo spumante affinato sui fondali marini del Golfo di Napoli.
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